Giverny, viaggio nell'impressionismo
- Raffaele Cipro
- 3 mag 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 22 mag 2021
Quel 25 di aprile era una giornata di cielo limpido perfino nel centro di Parigi, il clima primaverile e insolitamente caldo. Scesi in strada di buon’ora e salii in macchina davanti all’Imprimerie hôtel, dove alloggiavo al 15 di Rue Victor Méric, poco lontano dal Parc Roger Salengro.
Collegai il mio iPhone e feci suonare Let’s Fall In Love, da una playlist di Cole Porter, quindi partii verso Pont de Clichy per uscire dalla città in direzione nord-ovest verso l’Alta Normandia.
Giverny è un piccolo villaggio a 80 km da Parigi, si raggiunge attraversando la lussureggiante Val d'Oise e il parco naturale regionale di Vexin Francais, nella regione settentrionale dell'Alta Normandia. Qui è un susseguirsi di boschi, foreste, praterie, campi, colline, fiumi e villaggi tipici che furono luoghi di ispirazione per i grandi dell’impressionismo: Cézanne, Renoir, Bazille, Caillebotte, Degas e ovviamente Vincent Van Gogh, la cui tomba si trova ad Auvers-sur-Oise, accanto a quella del fratello Theo.
Giverny è uno dei luoghi simbolo dell’impressionismo, dove Claude Monet, tra i fondatori del movimento artistico che avrebbe rivoluzionato per sempre il modo di intendere la pittura, visse con la sua famiglia dal 1883 al 1926.
Monet creò qui la sua più grande opera d’arte: uno studio vivente di luci e colori, una tela in continua evoluzione che utilizzava i suoi fiori più amati come smalti.
I giardini di Giverny sono costituiti dal giardino Clos Normand, con il suo Grande Alleè (il tunnel di fiori con grandi archi di rose rampicanti sopra l'ampia parete ricoperta da crescione d’acqua a foglia rotonda), e il giardino acquatico di due ettari, con ninfee e il ponte giapponese intrecciato con rami di glicine, che il grande maestro usò, come ispirazione, per gran parte della sua geniale produzione artistica, con brillanti raffigurazioni dei momenti di piena fioritura della natura.
Riferiscono le cronache che Monet, in quei trent’anni vissuti nella casa di Giverny, passò molto più tempo a lavorare nei suoi giardini che a dipingere; ingenuamente, scindono in due un gesto che in realtà era unico, e che lui compì con ossessiva determinazione ogni istante dei suoi ultimi trent’anni: creare le Nymphèas, un insieme geniale di otto grandi decorazioni murali che, se accostate, danno l’impressionante risultato finale di una composizione lunga novanta metri e alta 2, ora esposte al Musée de l'Orangerie di Parigi.

Le Nympheas non sono altro che la realizzazione di un progetto geniale ideato da Monet, la creazione di un soggetto all’apparenza insignificante, uno stagno di ninfee, affinché la sua pittura potesse essere libera di ritrarre, in assenza di un soggetto, se stessa.
Andare in giro per la casa e i giardini di Monet è un’esperienza metafisica che lascia un senso di appagamento dei sensi, un amplesso dell’anima entrata in contatto con l’armonia che da sempre cerchiamo nel mondo.
Uscito dalla casa, decisi di seguire il viale alberato che portava verso il centro del villaggio di Giverny, distante poche centinaia di metri, fermandomi di tanto in tanto a guardare, lungo la strada, i piccoli giardini verdi, attrezzati con seggiole e panchine in legno, con giovani ragazzi o signori seduti a leggere un libro o a disegnare.
Uno di questi giardini aveva dei tavoli con sedie di paglia, apparecchiati con tovagliette bianche, davanti ad una bella casetta in legno dipinta di rosso. L’insegna sulla porta diceva “La Guinette de Giverny”. Scelsi dal menù sulla lavagna una selezione di formaggi dell’alta Normandia, che arrivò con dell’ottimo pane, caldo e fragrante, verdure di stagione, e un Guinguette cherry.
Finito l’ottimo pranzo mi avviai verso il villaggio per raggiungere l’antico Hotel Baudy, in Rue Claude Monet.
Un tempo un umile caffè, la buvette del diciannovesimo secolo, di proprietà di Angelina e Gaston Baudy, si trasformò in un vivace luogo di ritrovo, per una comunità eccentrica di artisti, dopo che Claude Monet si stabilì a Giverny.
Quando il pittore americano Willard Metcalf si imbatté nell’Ancien Hôtel Baudy, nel 1886, fu felice di scoprire che il maestro dell'Impressionismo viveva nelle vicinanze e scrisse in una lettera, al suo amico Cèzanne: "Monet vive in un magnifico paesino", "C'è una locanda lì dove si può mangiare e dormire per soli quattro centesimi ..."
Il cortile, sopra, conserva un incantevole senso di abbandono, comune ai rigogliosi giardini fioriti coltivati a Giverny alla fine del XIX secolo. Percorsi tortuosi, fitti di cespugli di rose e delimitati da margherite e iperico, rivelano radure in cui pittori, ormai leggendari, come Paul Cézanne e Pierre-Auguste Renoir, posizionavano i cavalletti per imprimere sulle tele la loro genialità impressionista. Molti dipinti furono completati al riparo di questo rustico studio coperto di vite, costruito nel 1887. Anche Camille Pissarro fu spesso ospite dell’Hotel Baudy: "Lì puoi trovare tutto ciò di cui hai bisogno per dipingere e la migliore compagnia che ci sia!"
Il Baudys diventò in breve il ritrovo degli impressionisti di tutto il mondo, al ristorante fu aggiunta la zona notte, studi e officine per gli artisti, una sala da ballo e una galleria dove gli artisti potevano esporre le loro opere.
Dopo un drink, nel bellissimo giardino, lasciai l’Hotel Baudys e camminai lungo il fiume per raggiungere il parcheggio. Salito in macchina, tra le note di Cole Porter, desiderai che fosse una macchina del tempo e di giungere a Parigi ritrovandomi al Maxim's della Belle Époque, seduto a bere un Boulevardier accanto a Claude Monet, Henri de Toulouse-Lautrec, Paul Gauguin, Edgar Degas….
Commentaires